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Bigolotto, pigolotto, pigolone...

        Come ha scritto MARCO PORCELLA in Premesse dell’emigrazione di massa in età prestatistica (1800-1850) [in Storia dell’emigrazione italiana, a cura di PIERO BEVILACQUA, ANDREINA DE CLE-MENTI e EMILIO FRANZINA, Roma, 2001, pp.17-44], i venditori ambulanti, nell’Appennino di Parma e Piacenza, si chiamavano bigoloti; in questo senso il termine stato probabilmente usato in atti come quello relativi ai matrimoni di Giacomo Bruschi, domiciliato a Romezzano, di professione bigolotto, celebrato a Compiano il 24 settembre 1806, e a quello di Antonio Moglia, di anni 27, di professione bigolotto, domiciliato a Volpara, celebrato anch’esso a Compiano il 24 ottobre dello stesso anno.
         È tuttavia da tener presente che, secondo il Devoto-Oli, bigolone è termine veneto che significa bighellone, vagabondo; mentre per il Dizionario Enciclopedico Italiano sta per persona oziosa, vagabondo; per il Palazzi il termine pigolone significa accattone e, per il Petrocchi, Chi è sempre a chiedere e a dir che ha bisogno.
         Forse, con tale termine si indicava, dunque, una situazione che stava tra il commercio ambulante e l’accattonaggio.
 

Il Settecento

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