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L’emigrazione dalle valli del Ducato farnesiano nel tardo Cinquecento

          I documenti che abbiamo riprodotti, eccetto gli ultimi tre, sono custoditi presso l’Archivio dello Stato di Parma, nel fondo Archivio del Comune di Parma, busta 1946
          Come si vede, in numerose località dei degli attuali comuni di Tizzano e di Corniglio veniva praticata una migrazione prevalentemente stagionale, anche se è annotato che alcuni si fermavano per qualche anno e altri non tornavano; una migrazione diretta verso la Toscana, la Maremma e l’Agro Romano, prevalentemente, ma non esclusivamente, maschile.
           Il fatto stesso che, per diverse località del Cornigliese, sia stata aggiunta una annotazione standard, può significare che si trattasse di un fenomeno noto, diffuso e consolidato nel tempo; come si vedrà, due secoli e mezzo dopo, all’inizio dell’Ottocento, era ancora così.
 
Gli ultimi documenti riguardano, invece, una specie di censimento eseguito nel 1581.
Per meglio comprendere di che cosa si tratta, riportiamo da:
ROBERTO LASAGNI, Uomini e bestiame nelle valli del Termina in un Censimento del 1581(a confronto con la situazione del 1415 e con brevi considerazioni sul peso delle migrazioni stagionali), pubblicato nel quaderno n. 2, 2000, di «Valli del Termina», alcuni brani che descrivono l’emigrazione verso la fine del XVI secolo.

          «A partire dal 5 ottobre 1581 fu compiuto, per fini fiscali, un censimento degli abitanti e del loro bestiame d’allevamento del territorio, sostanzialmente compreso tra la media e l’alta Val d’Enza, di confine tra il Ducato di Parma di Ottavio Farnese e quello estense di Alfonso II.
           La rilevazione si concluse solo a dicembre inoltrato e interessò pressoché tutta la Val Termina, le Valli dei Cavalieri, il Tizzanese, le comunità reggiane dell'alta Val d'Enza sottoposte al dominio farnesiano e solo marginalmente la zona di Langhirano. Di questo censimento (più propriamente un estimo realizzato per la tassazione del sale) rimane una completa documentazione nell'Archivio di Stato di Parma, fondo Saline, busta n. 24: Descrittone fatta a richiesta de’ Signori Camerari delle boche humane, et delle bestie bovine, et pecorine delle ville poste sul confine del Parmigiano ad effetto di dar loro il sale, et così delle ville enunciate negli uniti quinternetti.[..]»
          
          «Poiché nell'introduzione alla Descritione del 1581 viene precisato che quelli che si sono tolti et descritti per bocha dei consoli et altri infrascritti ciò si è fatto per essere li capi et principali absenti, overo per loro infirmità o decrepità, o per altre giuste cause, è sembrato interessante calcolare la percentuale dei capifamiglia che non resero personalmente la dichiarazione richiesta ma che si fecero rappresentare, [come si è già detto], dal console o mistrale della Comunità di appartenenza oppure da un parente o anche da un semplice conoscente, e quindi cercare di interpretare l'effettivo significato di questo fenomeno.
           Su un totale di 986 capifamifglia, ben 217 (22,0%) si fecero rappresentare da altri. Di questi, 54 (5,5% del totale) sono donne, che si deve pensare fossero vedove con figli ancora minorenni (sono molte anche quelle che risultano vivere da sole), che evidentemente preferirono affidarsi all’assistenza dell'ufficiale della Comunità o di qualche parente più esperto. I rimanenti 163 capifamiglia (16,5% del totale) sono invece uomini, spesso rappresentati, per la dichiarazione da rendere ai commissari ducali, dalle rispettive mogli. Pare corretto pensare che solo una minima parte di loro fosse, al momento della rilevazione, infermo o decrepito a tal punto da non essere materialmente in grado di dichiarare sotto giuramento le proprie generalità, il numero delle bocche componenti il proprio fuoco e il numero dei capi di bestiame (grossi e minuti) posseduti.
           Sembra più ragionevole credere che essi fossero temporaneamente absenti. Salvo qualche raro caso, tra l'altro facilmente individuabile dalla lettura del testo, di famiglie di ceto sociale distinto temporaneamente trasferitesi a Parma o in altri centri ma che avevano conservato residenza e beni nella Comunità di cui erano originarie, la quasi totalità dei capifamiglia maschi assenti lo era perché evidentemente emigrati temporaneamente (stagionalmente) per motivi di lavoro.
           Non bisogna infatti dimenticare che la Descritione del 1581 fu materialmente realizzata, per quel che riguarda le valli del Termina, tra il 26 novembre e il 6 dicembre, un periodo, quello invernale, tradizionalmente proprio dedicato alla partenza per la transumanza o per cercare lavoro.
           Normalmente contadini e pastori partivano, dopo aver seminato e stabbiato i loro campi, per la Maremma, e più in generale per la Toscana, e per la Corsica, attratti dal miraggio di alti salari, lasciando nei villaggi di origine le donne e i bambini.
           Il peso di queste migrazioni stagionali, alla ricerca di un lavoro i cui proventi dovevano evidentemente integrare i profitti di una ben magra e stentata agricoltura di montagna, risulta rilevante in particolare nel Nevianese (21,4% di capifamiglia assenti) e nel Lesignanese (17,8%), meno nel Traversetolese (7,0%). In alcune località il flusso migratorio assumeva proporzioni notevoli: a Vezzano risulta assente il 37,1% dei capifamiglia maschi, a Campora il 35,1%, a Urzano il 26,0%, a Sasso il 25,0%, a Paviano il 24,0%, a Castelmozzano (con Antreola e Orzale) il 23,2%, a Ceretolo il 20,8%, a Mediano il 20,0%.
           Si tratta di dieci comunità tra loro contigue, corrispondenti alle zone più montuose situate a ovest e a sud (esclusa Scurano, che, come detto, non compare nella Descritione del 1581) dell’attuale Comune di Neviano degli Arduini.
           Il fenomeno migratorio era invece piuttosto contenuto, oltre che a Guardasone (6,0%) e Traversetolo (8,0%), anche a Lupazzano (5,5%). Un dato che indirettamente conferma l’'alta incidenza del fenomeno migratorio è quello relativo alla percentuale di capifamiglia femmine sul totale dei nuclei familiari censiti.
           Dei 1.050 fuochi presenti nelle diciotto comunità delle valli del Termina, ben 129 (12,2%) avevano a capo una donna.
           All'interno della Descritione del 1581 pochissime sono le indicazioni delle professioni e dei mestieri praticati (ovviamente diversi o in aggiunta a quello di contadino). La professione è chiaramente indicata solo in rari casi: a Sasso Donino de Canateri ferrare (fabbro ferraio), a Guardasone Giovanni de Rizoli di Barberi becharo (macellaio) e Pelegrino de Bolderizi fraro (fabbro ferraio).
           In altri casi l'appellativo magistro che precede il cognome (a sua volta quasi sempre generato dal mestiere praticato) è rivelatore dell'appartenenza del soggetto a un’arte precisa: a Vezzano Battista Campanaro, a Neviano degli Arduini Cristoforo Barbero (barbiere) e Leo Sorba, a Traversetolo Antonio Magnano (fabbro calderaio)».
           
            In modo analogo il censimento fu condotto nelle altre aree dell’Appennino allora sotto il controllo dei Farnese (escluse, cioè le valli del Taro e del Ceno appartenenti, nella parte alta, al feudo dei Landi), nei comuni di confine, termine inteso in modo molto ampio, così da comprendere non soltanto i comuni di crinale e quelli in riva all’Enza, fino a Sorbolo, ma anche ville appartenenti agli attuali comuni di Langhirano, Lesignano e Tizzano che al confine non giungevano.
           Si rileva che, soprattutto nelle ville site nei luoghi più elevati o vicine al crinale le assenze dei capi-famiglia fossero numerose; soltanto in pochi casi è annotato che mancavano altri membri della famiglia, ma questo aspetto non era oggetto del censimento, per cui si può supporre che, come abbiam visto nei documenti precedenti, gli assenti fossero più d’uno per famiglia o che nel caso in cui il capo-famiglia era presente, potessero essere assenti altri membri: ciò che si può dedurre con sicurezza è che l’emigrazione, nelle ville dell’Appennino era molto diffusa

Per chi volesse leggere una vivida descrizione di come erano vissuti, dalla popolazione, questi temutissimi e ricorrenti «censimenti», può leggersi alcune belle pagine (Birri, salaroli, contrabbando, mercato nero) nel volume: GIORGIO FRANCHI, Poveri homini – cronaca parmense del sec. XVI (1543/ 1557), con presentazione di LUIGI MALERBA – Testo originale e traduzione a cura di GIUSEPPE BERTOZZI – Studio introduttivo di FRANCO GRISENTI, Archivio storico cooperativa scrittori, Roma1976

 

Il Cinquecento

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