![]() | Oggi | 30 |
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![]() | Lo scorso mese | 1742 |
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![]() Tra l’Unità d’Italia e la Prima guerra mondiale, in un ribollire di lotte, di popoli e di eventi, anche le nostre genti, soprattutto quelle delle valli del Taro e del Ceno, partecipano alla «Grande Emigrazione», in un caleidoscopio di situazioni diverse: dai contadini che vanno in Brasile per partecipare alla fondazione di una «comunità anarchica sperimentale» ai girovaghi che, a volte, divengono dei veri e propri imprenditori circensi, a coloro che diventano ristoratori, gestori di negozi o di caffè, produttori di gelati o di vini; ed ancora, fuochisti, operai nelle fabbriche e nelle manifatture… Successivamente l’avvento del Fascismo provocherà, anche nel Parmense, una accelerazione degli espatri di coloro che cercano di sottrarsi ai controlli e alle vessazioni del regime; non pochi si rifugiano in Francia, ove si organizzano nella cooperazione e nel movimento antifascista.
Il Fascismo tende a controllare e a limitare il fenomeno migratorio (in un periodo in cui diversi Stati attuano politiche di contenimento dell’immigrazione) e ad orientarlo verso le Colonie e l’Impero nonché ad inquadrare nel contesto del partito le organizzazioni degli emigrati.. Negli anni immediatamente precedenti la Seconda guerra mondiale, i rientri superano gli espatri.
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