Centro di documentazione sull'emigrazione parmense

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L'emigrazione parmense: una storia plurisecolare

Il processo migratorio è stato vissuto, con eccezionale intensità, per almeno quattro secoli, dalle popolazioni delle Alte valli del Taro e del Ceno. Con diverse modalità essa ha riguardato anche le popolazioni delle altre valli dell’Appennino parmense e, con minore intensità, quelle della pianura e della collina.

La conoscenza che, attualmente, se ne ha, prende le mosse dal tardo medioevo, quando negli Statuti locali comparvero norme "De non eundo ad habitandum extra terras dominorum suorum", e si dirama, nel tempo e nello spazio, attraverso un caleidoscopio di storie personali o di piccoli gruppi familiari o di paese, non di rado dolorose o tragiche, molte volte sorprendenti per la starordinaria varietà di forme  che ha assunto (dalle filatrici ai merciai ambulanti, dai segantini ai musicisti girovaghi, dai gelatai ai precorritori dei circhi); per i tempi in cui si è manifestata (nella seconda metà del XVIII secolo è largamente documentata la presenza, a Bedonia, di scimmie, cammelli ed altre bestie selvagge che servivano per i girovaghi che percorrevano, già allora larga parte dell'Europa); per i luoghi che ha visitato, da Tabriz a Buenos Aires, dal Cairo a San Pietroburgo.

L'esame dei documenti reperti, raccolti, organizzati, offre notevoli spunti di riflessione sulla natura, le cause, le conseguenze dell'emigrazione: spesso "una necessità ineluttabile" secondo mons. G.B. Scalabrini e non pochi osservatori del tempo; per contro un "miserabile farnetico che ha invaso i nostri valtaresi di abbandonare la patria e andare vagabondi pel mondo in cerca di fortuna, non pur di qua ma anche di là dall'Atlantico" secondo don Antonio Emmanuelli o, addirittura, un girovaghismo che aveva i caratteri di una degenerazione genetica, secondo Raniero Paolucci di Calboli: "Questa spinta continua sotto l'impulso dell'imperioso "cammina cammina" dell'Ebreo errante".

Un'esperienza che - secondo taluno- corrompeva i costumi, rendendo i giovani "vagabondi [che] oltre a perdere l'amor di Patri, dimentichi di ogni religiosa Istruzione, abborrono al loro ritorno ogni fatica, ed avvezzi all'ozio, in preda la malcostume", o, più moderatamente, secondo Rufino Mussi, "produce profondi ed estesi mutamenti nella società nostra, nella quale, se è mezzo potentissimo ad arrestare la miseria, attese le condizioni locali nostre, porta però i suoi dannosi e gravi effetti nell'ordine morale, sregolando i costumi e corrompendo le rette, oneste e laboriose abitudini della regolare educazione del nostro popolo", o, ancora, come annotava don Tommaso Grilli, se "arreca un'influenza favorevole dal lato intellettuale per lo sviluppo e acquisto di maggiori cognizioni, non si pò così dire dal lato morale specialemnte nella gioventù, che prticando i grandi centri facilmente si dà al vizio e perde quelle buone pratiche di virtù religiose, in cui era stata educata in patria dai suoi maggiori".
 
I documenti consentono inoltre di individuare le cause socioeconomiche dell'emigrazione e i precdenti, quali il diffuso contrabbando praticato per secoli in questa "terra di passo"; non ne nascondo le miserie, dalla lunga pratica dell'accattonaggio allo sfruttamento dei minori; ne delineano l'evoluzione ed anche i successi, ricordando tra l'altro l'intraprendenza di alcuni dei suoi protagonisti che, della loro dura esperienza, potevano affermare "neppure Sua Maestà ha visto ciò che abbiamo visto noi".

Le fonti documentali mettono in luce i profondi legami che hanno unito ed ancora uniscono una parte degli emigrati sparsi nel mondo con la realtà locale, anche per l'impulso che mons. G.B. Scalabrini seppe dare alle iniziative culturali, pastorali e politiche rivolte ad attenuare gli aspetti negativi dell'emigrazione.

Alcuni di questi aspetti più specificamente riguardanti le valli del Taro e del Ceno, e di quelli riguardanti il resto del territorio provinciale, sono descritti e documentati nelle sezioni del sito organizzate per secolo, sotto il titolo “La Ricerca” nel menu di destra.

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