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Espatri per ragioni politiche


        Ci si limita ad un breve esame dei nomi contenuti nel Fondo Questura Cat. A. 8.
Il primo fascicolo, in ordine cronologico, riguarda l’operaio «sovversivo» Luigi Roffi, di soli 14 anni, di Bardi, che nel 1876 si recò in Francia, per poi tornare nel 1895 a Fiorenzuola d’Arda ed espatriare, in seguito, in Svizzera, e di nuovo in Francia.
I soggetti ritenuti sospetti dalle diverse polizie succedutesi nel tempo erano ampiamente diffusi sul territorio, più patrimonio della periferia che della città.
Provenivano alla pianura in 269, di cui 42 da Roccabianca, 28 da San Secondo e Soragna, 24 da Busseto, 23 da Colorno, 20 da Mezzani; 206 provenivano dalla città e altri 62 dai cinque comuni del suburbio, oggi assorbiti dal capoluogo, in particolare da San Lazzaro (21); 250 dalla collina, specialmente da Neviano Arduini (38), Fidenza (36), Langhirano e Collecchio (24), Sala Baganza (23); 147 dalla montagna, soprattutto da Borgotaro (28) e Berceto (26).
Coloro che furono classificati come «sovversivo» sono 613; i «comunista» sono 93, i «socialista» 79, gli «antifascista» 50, gli «anarchico» 35.
Per quanto concerne le professioni, 219 erano edili, soprattutto muratori (188) e manovali; 148 artigiani (tra i quali 42 calzolai, 16 falegnami, 15 sarti, ecc); 116 tra operai e meccanici; 100 braccianti; 83 contadini, 60 commercianti (compresi ambulanti, commessi, ecc.); 27 tra ferrovieri e addetti ai trasporti; 18 addetti a ristoranti e alberghi; 16 impiegati ed altrettanti professionisti, laureati.
Le donne erano 40; 11 nate in città o nel suburbio, 10 in collina, 9 in pianura, 6 in montagna, 4 all’estero; 20 vennero classificate come «sovversiva», 7 «antifascista», 4 «socialista», ecc.; soltanto di 21 è indicata la condizione professionale: 8 casalinghe, 4 operaie e altrettante commercianti, ecc..
Tra il 1876 e il 1900 si recarono all’estero in 34 (di cui la metà negli ultimi sei anni); 208 tra l’inizio del secolo e il 1921, con un primo picco di 19 emigrati nel 1908, l’anno delle grandi agitazioni sociali, valore di nuovo raggiunto nel 1919 e superato l’anno seguente; 704 tra il 1922 e il 1944, con un massimo di 123 espatri nel 1923 e un altro picco di 98 nel 1930; nel solo triennio 1922-1924 i migranti furono 280.
Ben 653 (che divengono 667 se si considerano Corsica, Algeria, Tunisia, Principato di Monaco) pari ad oltre i due terzi del totale ebbero nella Francia il paese di prima emigrazione; secondo, sia pure a grande distanza, è la Svizzera (89 emigrati), mentre molto modeste sono le quote del Benelux (16) e della la Gran Bretagna (nove, di cui sette provenienti da Val Taro e Val Ceno); poche unità (5) si sono dirette nella Penisola Iberica; discorsi specifici richiederebbero gli spostamenti, negli anni Trenta, verso i possedimenti italiani in Africa (28 persone, di cui la metà provenienti dalla città) e quelli verso la Germania (21 persone, tra il 1939 e il 1944, su un totale di 29 emigrati, alcuni dei quali diretti in Prussia ed in Austria prima della guerra del 1915-18); 87 si diressero verso l’America Latina e, principalmente, verso l’Argentina (76); 36 si indirizzarono verso gli Stati Uniti d’America, quasi tutti prima dell’avvento del Fascismo, per un terzo provenienti dai comuni dell’Appennino.
         [Debbo la conoscenza e la consultazione del data-base alla cortesia del dott. Mario Palazzino dell’Archivio di Stato di Parma]

        Questo accenno dovrebbe essere completato da un riferimento ai numerosi parmensi che, dopo la seconda guerra mondiale espatriarono per ragioni politiche: prevalentemente fascisti che temevano per la loro vita o la loro libertà, ma anche, sia pure in misura minore, appartenenti all’opposto schieramento: ma questa ricerca è ancora tutta da fare.
 

La grande emigrazione

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